Presentazione: Piave. Cronache di un fiume sacro

Venerdì, 05 Novembre 2010

Venerdì 5 novembre 2010, alle ore 17.00, nell’Antisala della Libreria Sansoviniana (Venezia, Piazzetta San Marco 13/a) sarà presentato il volume: Alessandro Marzo Magno, Piave. Cronache di un fiume sacro, Milano, Il saggiatore, 2010.

Introduzione di Maria Letizia Sebastiani (direttore della Biblioteca Nazionale Marciana).
Intervento di Michele Gottardi (presidente dell’Ateneo Veneto).

 

Alessandro Marzo Magno, Piave. Cronache di un fiume sacro, Milano, Il saggiatore, 2010

Si tratta di un libro godibile e leggero nel tono, ma non nel contenuto, che vuol mettere il luce tutti gli aspetti di un fiume celeberrimo, del fiume che tutti gli italiani conoscono, ma che nella storia è stato importante non solo per aver fatto da baluardo contro gli austriaci tra il 1917 e il 1918 (cosa già accaduta, tra l'altro, nel 1809, quando gli austriaci passati – ma guarda un po' – da Caporetto, si scontrano sul Piave con i francesi di Napoleone), ma soprattutto per esser stato una specie di autostrada che per secoli ha collegato il Cadore con Venezia.

Il Piave è il fiume dei paradossi: non esiste quasi più, in compenso ha due sorgenti e due foci. Il fatto che sia sacro alla patria, non ha impedito che sia anche il fiume più sfruttato d'Europa: il 90 per cento delle sue acque viene prelevato per produrre energia elettrica e per irrigare i campi.

Così in tutto il suo medio corso è ridotto un torrentello che del fiume impetuoso capace di fermare un esercito non ha neanche il ricordo; il Piave torna a riempirsi d'acqua solo verso le foci, più o meno all'altezza di Zenson e Noventa.

Foci che sono due, come si diceva: la Piave Vecchia (il Piave, come quasi tutti i fiumi veneti, era femminile ed è stato mascolinizzato dopo la prima guerra mondiale, soprattutto dalla celeberrima canzone La leggenda del Piave), ovvero la foce originale, tra Jesolo e il Cavallino (oggi vi scorre il Sile), e la foce attuale, a Cortellazzo, che fu tagliata dai veneziani nel XVII secolo per impedire che il fiume interrasse la laguna.

Anche le sorgenti sono due, o meglio: una è quella ufficiale, ovvero quella che dal Monte Peralba genera il corso d'acqua che passa per Sappada; l'altra che sgorga sempre dal Peralba, a poche centinaia di metri dalla prima, ma oltre lo spartiacque, dà origine al corso d'acqua che transita per la Val Visdende e che dagli abitanti del Comelico è ritenuto il “vero” Piave.

Il libro ripercorre i 220 chilometri del corso del fiume, dalle due sorgenti alle due foci, andando alla scoperta di luoghi e personaggi che si incontrano lungo il suo alveo.

Ai capitoli di viaggio veri e propri (dove trovano curiosità e aneddoti, come per esempio la faesite, nata a Faè; il primo sex shop d'Italia, a Busche; la balia di Luchino Visconti, a Cesiomaggiore; il sindaco-pescatore di Zenson di Piave; gli ultimi pescatori con la bilancia, presso la foce), se ne alternano altri più monografici che esaminano alcune delle maggiori questioni orignate dal fiume o dal suo utilizzo.

L'energia elettrica e, ovviamente, il Vajont; il secolare trasporto di tronchi (330 mila ogni anno) lungo il suo corso che hanno permesso la crescita di Venezia; la Prima guerra mondiale, certamente (ma non si tratta di un libro di guerra) e i monumenti che della guerra ci testimoniano ancor oggi; il vino (lungo il fiume si producono prosecco e raboso, la doc Piave è una delle più estese d'Italia).